
Itinerari della Resistenza

Il contributo delle donne nella lotta di liberazione al nazi-fascismo
L'AGNESE E LE ALTRE
Ambientato nella bassa ferrarese, il libro di Renata Viganò dal titolo "L'Agnese va a morire" (Einaudi 1949), è un omaggio al ruolo (fondamentale) delle donne partigiane durante la Liberazione. Il regista Florestano Vancini, nel 1976, né ricordò la figura nel film omonimo con Ingrid Thulin (e la partecipazione di un giovanissimo Rosalino Cellamare non ancora conosciuto come Ron il cantante)..Il personaggio dell'Agnese era nato dalla fantasia letteraria dell'autrice bolognese, ma ispirata dalle tante azioni partigiane che videro coinvolte giovani ragazze in ruoli diversi da combattenti a semplici portatrici di missive e rifornimenti. L'Agnese che con la sua bicicletta portava messaggi da una compagnia partigiana all'altra era il fulcro della buona riuscita delle azioni resistenziali. E come non ricordare l'episodio tutto legnanese dell'assedio nel '44 dei partigiani, in quel di Mazzafame, da parte dei nazi - fascisti e del fondamentale ruolo svolto dalla giovane Piera Pattani per salvare dall'ospedale militare di Busto il Comandante Samuele Turconi. Sulle donne impegnate nella Resistenza è fresco di stampa il libro "Vogliamo Vivere !" di Roberta Cairoli ed altre edito da Enciclopedia delle Donne (per lo Spi Cgil Lombardia)

GIOVANNI NOVARA UN LEGNANESE AL SERVIZIO DELLA LIBERTA'
Intervista a Giovanni Cattaneo Autore del libro "1922 Tramonto della Libertà"
di Carlo Botta
La scorsa settimana nella Sala degli Stemmi del Comune, a cura della locale sezione dell'Associazione Partigiani, è stato presentato un'interessante libro scritto dal legnanese Giovanni Cattaneo e dedicato a Giovanni Novara, antifascista, che fu tra i primi a capire che dalla Marcia su Roma in poi sarebbero iniziati per il nostro Paese tempi bui e liberticidi. Il volume dal titolo !1922 Tramonto della libertà" ci fornisce un ritratto di un operaio legnanese che si oppose alla dittatura mussoliniana.
Cattaneo,
come è nata l'idea di scrivere un libro su Giovanni Novara,
antifascista poco conosciuto in città, nonostante una stele che lo
ricorda ?
L'idea nasce da un atto vandalico avvenuto il 16 dicembre 2016 quando qualcuno appiccò il fuoco alla corona di alloro che ogni anno l'ANPI depone sulla targa commemorativa posizionata in via XXIX Maggio nel luogo in cui Giovanni Novara fu assassinato. L'allora Sindaco Alberto Centinaio condannò con fermezza quello che lui definì un atto stupido e molto probabilmente opera di giovani pseudo fascistelli locali. A distanza di anni un ex funzionario comunale nonché membro dell'Associazione Polis lanciò l'idea di scrivere un opuscolo su questo giovane operaio antifascista allo scopo di fare luce e chiarezza sulla sua figura e sulla Legnano degli anni '20 alla vigilia della Marcia su Roma.
Chi era Giovani Novara?
Era un operaio della Franco Tosi, iscritto alla Fiom, la sua famiglia era di idee socialiste e con il fratello Antonio partecipava attivamente alle azioni sindacali ed a quelle contro i fascisti che erano foraggiati dagli industriali e dagli agrari che temevano di perdere i propri guadagni e i privilegi di potere. Gli scontri fisici in quegli anni tra socialisti di tutte le aree ed i fascisti sono all'ordine del giorno. Il movimento fascista creato da Mussolini nel 1019 sotto il nome di "Fasci di combattimento" avevano origine dagli ex combattenti e in particolare dagli Arditi che erano avvezzi all'uso delle armi e dlla violenza fisica. Sono migliaia gli antifascisti che moriranno sotto i loro manganelli e bastoni nonché uccisi per mano armata. Giovanni Novara non si lasciò intimidire e qualche volta venne a le mani con i fascisti di Legnano protetti dall'industriale Gianfranco Tosi. Questa sua fierezza nell'affrontarli gli costò la vita per mano di cinque fascisti di cui uno armato di pistola. Fu ucciso con quell'arma dopo due giorni di ospedale dove inizialmente si pensava potesse riprendersi. Va detto che Giovanni non fece mai uso di armi e neanche ne era in possesso. Il processo ai presunti responsabili non si realizzò perché il Re fece un'amnistia generale a tutti gli omicidi eseguiti al fine di difendere lo stato di diritto. Come dire che tutti i socialisti e quelli contro i fascisti in pratica fossero considerati sovversivi.
Quale insegnamento ci ha lasciato Giovanni Novara ?
Novara ci lascia in eredità un messaggio forte, cioè che difendere le proprie idee costa fatica e sacrificio specie se danneggiano il potere costituito o le aree di potere che non vogliono perdere i propri privilegi. E' proprio l'opposto dell'indifferenza del lasciar correre pensando ai fatti propri. Quello che ancora oggi mette in crisi le democrazie nel mondo. Giovanni non stava a guardare, si metteva in prima persona contro il fascismo che avvertiva essere un pericolo per la società e per la classe operaia. Mussolini divideva gli italiani in tre categorie: Gli italiani indifferenti che rimangono nelle loro case ad attendere, i simpatizzanti che possono circolare e gli italiani nemici che non circoleranno. Evidentemente Giovanni Novara non poteva circolare.
Il fascismo non è stato un movimento politico finito il 25 aprile del 1945, è un pensiero ancora presente e strisciante nella nostra società e non sottovalutato, caso mai studiato in tutti i suoi aspetti negativi che sono ancora presenti nella superficialità dei discorsi, nella violenza verbale nel fare di tutto per far dimenticare le origini della nostra Costituzione e dello Stato democratico costato migliaia di uomini uccisi come Giovanni Novara prima e durante il ventennio fascista.
Cattaneo, legnanese, impegnato nell'associazionismo, nonché scrittore. Progetti futuri?
Questo è il mio secondo libro, il primo è una biografia di mio papà partigiano."Un ragazzo del '23" edito da "La memoria del mondo" - (Magenta). Ho scritto anche un saggio sullo scrittore soldato Arturo Stanghellini Tenente di fanteria nella Grande Guerra. Il saggio è inserito nei volumi "Gli intellettuali e la Grande Guerra" - edito da Comune di Legnano e ANPI. Non escludo in futuro di scrivere un altro libro.
Musica e Storia
Un documentario su Sky
L'ELVIS "ROSSO" CHE CANTO' LA RIVOLUZIONE
Il cantante americano Dean Reed che passò la cortina di ferro.
di Red
Un interessante documentario visibile al momento sulla piattaforma SKY canale Arte (ma probabilmente verrà trasmesso in chiaro sul corrispondente canale 8 del telecomando) sulla vita e la carriera musicale del cantante americano Dean Reed (nella foto) conosciuto come "l'Elvis Rosso" perché trascorse gran parte della sua vita anche professionale nell'Est Europa (DDR) e in altri luoghi ove c'era bisogno di un supporto alla "rivoluzione culturale della sinistra". Egli fu un sostenitore della Cuba di Che Guevara. Riproponiamo qui parte di un articolo a firma di Alberto Crespi pubblicato nel 2007 sul quotidiano "L'Unità" e vi consigliamo anche di guardare il documentario.
"... Per noi italiani Dean Reed è un volto nella folla intravisto in un pugno di film di genere degli anni 60 e 70: "Dio li crea io li ammazzo", "I nipoti di Zorro", "Il diario proibito di Fanny", "La stirpe di Caino" e soprattutto l'interminabile "Indio Black, sai che ti dico: sei un gran figlio di...", dove è co-protagonista a fianco di Yul Brynner. Ma per le masse populari della Rdt - suo paese d'adozione - e di tutto il blocco sovietico era l'americano che aveva scelto il comunismo, e che portava il rock'n'roll e i vestiti da cowboys nelle loro case. In realtà, ben prima di scegliere il lato sbagliato del Muro e di stabilirsi a Berlino Est (dove ha avuto due mogli e un figlio, e dove è morto in circostanze misteriose nel 1986), Reed era divenuto una star in America Latina, dove la sua militanza politica contro le varie dittature locali lo aveva reso "persona non grata": nel '66 fu espulso dall'Argentina e finì a Roma, dove visse il suo periodo-spaghetti western. Tornò in pompa magna in Sudamerica all'inizio degli anni 70, come amico personale e sostenitore di Salvdor Allende (la figlia di presidente è fra gli intervistati nel film); dopo il golpe del 1973 riparò in Germania Est, dove il suo status di divo raggiunse vertici impensabili. In quanto "esule" dagli Usa, tutto gli era permesso: di fatto fu l'unico cantante rock "legale" in paesi dove i dischi di quella musica degenerata circolavano solo in un floridissimo mercato nero. Quando morì stava progettando di tornare negli Usa per produrre e interpretare un film sugli scontri di Wounded Knee 1973, fra i militanti indiani i l'Fbi. La sua morte è un sospetto suicidio, e l'unica cosa certa è che Reed stava per fare qualcosa - il ritorno in patria, il film sul genocidio dei nativi americani - che sarebbe stato sgradito su entrambi i lati della cortina. Per poter ascoltare alcune canzoni di Reed potete accedere su youtube. Troverete anche un appassionata versione della famosa Bella Ciao.

Lo Scaffale
I FRATELLI VENEGONI E IL PCI
Per ricordare l'Anniversario della fondazione a Livorno di quello che è stato, per decenni, il più grande Partito della sinistra italiana, non potevamo non citare (o meglio ricordare - permetteteci questa ripetizione) chi, nel legnanese, ha partecipato attivamente al suo radicamento nel territorio. Per questo, nella consueta rubrica "Lo Scaffale" vi consigliamo di leggere l'interessante libro pubblicato per Memesis qualche anno fa, della storica Renata Pasquetto (collaboratrice della locale sezione dell'Anpi). Il libro racconta la vita e la prematura scomparsa ad opera di assassini fascisti di Mauro Venegoni pochi mesi prima della Liberazione. Operaio, comunista tenace e intransigente, dirigente sindacale, audace capo partigiano, Mauro Venegoni, fu trucidato con orrende sevizie dalle Camicie Nere nell'ottobre 1944. Per raccontare la sua vita l'autrice, districandosi tra un'enorme mole di documenti, non può non parlare anche dei fratelli Carlo, Mauro e Pierino Venegoni: uomini indissolubilmente legati da un impegno fatto di coerenza, dedizione, studio e sacrificio personale. Quattro protagonisti di quelle battaglie che condussero l'Italia dagli anni bui della dittatura fascista e della guerra alla libertà e alla Repubblica. Le loro figure sono tratteggiate con le rispettive qualità, con le caratteristiche e le aspirazioni di ciascuno: persone in carne e ossa, e non monumenti. Il libro non poteva non trattare il rapporto dei Fratelli Venegoni ed il loro Partito: il PCI. I Fratelli all'interno del "correntismo" comunista erano chiamati "I Venegoniani".. Tanto è vero che, rispetto alla linea del Partito, i Fratelli Venegoni (e con loro altri militanti) si distaccarono spesso, avendo e manifestando idee diverse rispetto alle scelte del Comitato Centrale di Roma.
"Mauro Venegoni e i suoi Fratelli" scritto da Renata Pasquetto per le edizioni Mimesis. Il libro può esser acquistato on line o presso la locale sezione dell'Anpi di Legnano.