Cultura e dintorni

VENTOTENE: QUEL MANIFESTO PER L'EUROPA UNITA

di Alcide Cereno

Sabato 12 aprile, in mattinata, si è tenuto presso il neonato Spazio 27B (nuova sede dello Spazio Canazza), nel quartiere Canazza (nella ex- Casa Accorsi, ove è operativa la Terza Biblioteca Civica, di quartiere, e il Bistrot), un assai interessante incontro su "Ventotene e il futuro dell'Europa", che ha visto protagonisti-interlocutori Gianni Borsa e Bruno Marasà, il primo - noto nostro concittadino, già autore di pubblicazioni interessanti sul tema - corrispondente dell'Agenzia di stampa SIR presso il Parlamento Europeo e il secondo protagonista della vita del Parlamento Europeo, come funzionario e, infine, come Direttore dell'Ufficio milanese del Parlamento Europeo.

L'incontro, come rilevato da una ascoltatrice al momento finale degli interventi del pubblico, è stato oltremodo arricchente, spazzando via un bel po' di luoghi comuni o di autentiche espressioni di ignoranza che circolano nel dibattito pubblico, circa l'attualità del Manifesto di Ventotene (al netto di quanto di esso, come documento storico, possa risultare datato) e circa le ricadute pratiche dei temi e delle soluzioni da esso sollevati, con grande preveggenza, dai suoi autori. Si è parlato degli autori (in sintesi ovviamente), tutti relegati a Ventotene al confino di polizia, in quanto oppositori del regime politico vigente in Italia, dopo un decennio di carcere duro: Altiero Spinelli, espulso dalla cellula comunista dei confinati per approdare a un federalismo democratico dalle forti connotazioni sociali; Ernesto Rossi, al momento (1941) militante di Giustizia e Libertà, il movimento di opposizione fondato da Carlo Rosselli, e ispirato da Gaetano Salvemini (Rossi vi approderà su ispirazione di Salvemini); a essi è da aggiungere Eugenio Colorni, socialista, che ne curò la pubblicazione e la prefazione, sì da essere inteso come terzo autore; inoltre, il trafugamento (clandestino) del testo avvenne grazie ad Ada Rossi (moglie di Ernesto Rossi) e ad Ursula Hirschmann (moglie di Colorni, e poi compagna di Spinelli), che lo fecero conoscere agli ambienti dell'opposizione di Roma e Milano.

Il Manifesto di Ventotene, per un'Europa libera e unita (come poi denominato in ambienti esterni agli autori), come evidenziato da Marasà e da Borsa, è oggi considerato uno dei testi fondanti dell'Unione europea e nacque nel pieno di un conflitto mondiale, scatenato da Stati nazionali, proprio per istituire una federazione europea dotata di un parlamento e di un governo democratico con poteri reali nei settori fondamentali, come economia, politica estera, difesa, per assicurare benessere, libertà civili e diritti sociali ai popoli dell'intero continente (popoli che, è bene ricordarlo, sono storicamente uniti da una tradizione culturale comune, dagli albori latini all'identità giudaico-cristiana, alla res pubblica cristiana del Medioevo, dall'illuminismo all'umanesimo liberale, democratico e socialista).

Ha un ché di miracoloso il fatto che alcuni cospiratori, all'apparenza legati alla contingenza dell'azione politica (in un luogo ove tra il 1937 e il 1943 erano confinate mediamente circa 800 persone, 500 classificate come comunisti, 200 come anarchici, e i restanti prevalentemente giellisti – i liberalsocialisti di giustizia e libertà- e socialisti) abbiano voluto volare alto, trascendendo il presente oscuro e mordendo il futuro, con tale dichiarazione di intenti per l'avvenire comune.

Il Manifesto propugna ideali di unificazione dell'Europa in senso federale: in tal senso sono stati citati i nomi di Cattaneo e Pisacane, nonché la teoria istituzionale del federalismo di Hamilton che fu alla base della creazione degli Stati Uniti d'America.

Il Manifesto di Ventotene anticipa temi e suggerisce soluzioni, individuando con chiarezza l'esigenza di una vita economica europea liberata dagli incubi del militarismo o del burocratismo nazionale; direttiva che si sarebbe dovuta sostanziare, in ambito economico per esempio, nell'abolizione, limitazione, correzione o estensione caso per caso della proprietà privata dei mezzi di produzione: non un diktat statalista (a smentita dello svarione preso dall'attuale Presidente del Consiglio in pieno Parlamento, evidentemente non lettrice né conoscitrice, né del testo né dei suoi autori), ma una misura liberale, empirica, fra l'altro redatta da Ernesto Rossi, che si ricorda, fu un liberalsocialista (molto amico di Terracini ed allievo di Einaudi e Salvemini, poi nel Partito d'Azione e nel primo partito radicale fino al 1962), sostenitore della creazione dell'Enel contro i monopoli privati dell'energia. E così i riflessi di quelle originarie ispirazioni incidono a livello di Unione e di singoli Stati, in ogni settore della vita di ciascun cittadino (dalle libertà civili alla sicurezza alimentare, dalla problematica ambientale alla salute, alla scuola e alla cultura), con organi decisivi (Parlamento Europeo, Commissione Europea, in primis) che esprimono un'altissima qualità di regole cui i singoli parlamenti nazionali devono attenersi.

Ovviamente, come emerso in quest'ultimo periodo, la base dell'Europa politica non possono essere che i cittadini, i popoli, per ciò che in termini di libertà e giustizia l'identità europea rappresenta (come invocato anche da popoli che ancora non fanno parte dell'Unione, come gli ucraini, i georgiani, i serbi).

L'Anniversario

MERLIN E QUELLA LEGGE PER LA DIFESA DELLE DONNE

Il 21 genanio del 1958 il Parlamento approvò la legge Merlin, che abolì di fatto le case di tolleranza denominate anche "case chiuse" ove oltre 3000 ragazze, in tutta la Penisola venivano sfruttate dalle matrone e dai "magnaccia" ma anche dallo Stato che su questa attività lucrava in termini di tasse. (a Legnano la Cas adi Tolleranza si trovava in via XXIX Maggio e a chi chiedeva dove si trovassero le ragazze veniva detto "segui la spada di Ariberto D'Intimiano"). La legge, ben si sappia, non ha avuto un percorso facile in un Parlamento chiuso e non aperto alle innovazioni. Fu' la tenacia di Angelina Merlin, detta Lina, socialista eletta in Veneto che perseguì il suo intento non contro la prostituzione bensì contro lo sfruttamento di queste ragazze. Con il senno del poi, per decenni la prostituzione, il lavoro più vecchio del mondo, continuò senaz remore e con essa anche lo sfruttamento e la tratta delle ragazze dai Paesi più poveri. La Merlin fu per anni il braccio destro di Matteotti dentro e fuori il Parlamento. Iscitta al Partito Socialista nel 1919, alla Merlin viene affidato da Giacomo Matteotti il coordinamento della campagna elettorale in Veneto (quando le donne non avevano ancora diritto al voto). Fu perseguitata durante il Regime Fascista (fini in carcere ben 5 volte) e fu proprio lei a scrivere il rapporto dettagliato sulle violenze fasciste di quegli anni che, poi, Matteotti utilizzo in Parlamento per il primo e forte attacco al Regime ed a Mussolini. Nella MIlano occupata dai Nazi-fascisti aiutò a nascondersi ebrei e partigiani. Dopo al LIberazione, Merlin fu uan delle ventuno donne elette per l'Assemblea Costituente, incaricata di redigere la Costituzione Italiana. Comunque la pensiate, Lina lottò in difesa delle donne per liberarle dalal schiavitù, anche dello Stato.

Musica e Storia

Un documentario su Sky

L'ELVIS "ROSSO" CHE CANTO' LA RIVOLUZIONE

Il cantante americano Dean Reed che passò la cortina di ferro.

di Carlo Botta

Un interessante documentario visibile al momento sulla piattaforma SKY canale Arte (ma probabilmente verrà trasmesso in chiaro sul corrispondente canale 8 del telecomando) sulla vita e la carriera musicale del cantante americano Dean Reed (nella foto) conosciuto come "l'Elvis Rosso" perché trascorse gran parte della sua vita anche professionale nell'Est Europa (DDR) e in altri luoghi ove c'era bisogno di un supporto alla "rivoluzione culturale della sinistra". Egli fu un sostenitore della Cuba di Che Guevara. Riproponiamo qui parte di un articolo a firma di Alberto Crespi pubblicato nel 2007 sul quotidiano "L'Unità" e vi consigliamo anche di guardare il documentario.

"... Per noi italiani Dean Reed è un volto nella folla intravisto in un pugno di film di genere degli anni 60 e 70: "Dio li crea io li ammazzo", "I nipoti di Zorro", "Il diario proibito di Fanny", "La stirpe di Caino" e soprattutto l'interminabile "Indio Black, sai che ti dico: sei un gran figlio di...", dove è co-protagonista a fianco di Yul Brynner. Ma per le masse populari della Rdt - suo paese d'adozione - e di tutto il blocco sovietico era l'americano che aveva scelto il comunismo, e che portava il rock'n'roll e i vestiti da cowboys nelle loro case. In realtà, ben prima di scegliere il lato sbagliato del Muro e di stabilirsi a Berlino Est (dove ha avuto due mogli e un figlio, e dove è morto in circostanze misteriose nel 1986), Reed era divenuto una star in America Latina, dove la sua militanza politica contro le varie dittature locali lo aveva reso "persona non grata": nel '66 fu espulso dall'Argentina e finì a Roma, dove visse il suo periodo-spaghetti western. Tornò in pompa magna in Sudamerica all'inizio degli anni 70, come amico personale e sostenitore di Salvdor Allende (la figlia di presidente è fra gli intervistati nel film); dopo il golpe del 1973 riparò in Germania Est, dove il suo status di divo raggiunse vertici impensabili. In quanto "esule" dagli Usa, tutto gli era permesso: di fatto fu l'unico cantante rock "legale" in paesi dove i dischi di quella musica degenerata circolavano solo in un floridissimo mercato nero. Quando morì stava progettando di tornare negli Usa per produrre e interpretare un film sugli scontri di Wounded Knee 1973, fra i militanti indiani i l'Fbi. La sua morte è un sospetto suicidio, e l'unica cosa certa è che Reed stava per fare qualcosa - il ritorno in patria, il film sul genocidio dei nativi americani - che sarebbe stato sgradito su entrambi i lati della cortina. Per poter ascoltare alcune canzoni di Reed potete accedere su youtube. Troverete anche un appassionata versione della famosa Bella Ciao.

Il Pci e Berlinguer

RIFLESSIONI

Il P.C.I., già P.C.d'I., e l'apparente tramonto del bene comune

di Alcide Cereno

Chi scrive rammenta un giudizio del padre, apparentemente un gioco di parole, sulla vita "due parole hanno fatto da sempre male all'umanità: IO e MIO; e altre due l'hanno salvata, o ci hanno almeno provato: TU e NOI".

Ecco, l'esperienza storica del PCI, il suo farsi vita comune, attenzione al bene comune, più della dimensione ideologica, per forza di cose transeunte e relativa, è quanto manda al tempo presente.

Ed è un esempio di coraggio, nel peggiore buio di una dittatura sorta al servizio di un potere reale, economico e burocratico, sicuro di poter disporre di tutto (istituzioni, economia, vita delle persone, territorio, pianeta, pensiero) nel proprio devastante interesse.

Ecco, coloro che si trovarono in un teatro a Livorno, a fondare e avviare una nuova avventura politica probabilmente, al di là del miraggio di una rivoluzione lontana (del cui successivo tradimento molti di loro ebbero la consapevolezza), avevano il più realistico obiettivo del qui ed ora del bene comune dell'Italia, e a tale valore si attennero nella loro successiva vicenda umana e politica.

Nella barbarie di oggi la loro scelta radicale per le ragioni profonde dell'umanesimo socialista declinato nella vicenda politica italiana resta di un'attualità incredibile: un comunista libertario di quegli stessi anni, Boris Souvarine, trasformò in rivista/movimento politico culturale uno slogan all'apparenza ultimativo "Socialismo o barbarie"; tale resta, ieri come oggi, l'alternativa, tra una libertà che per esser tale sia anche solidale, e una "libertà" senza i limiti del diritto e della civiltà, trasformata in puro potere egoistico-egolatrico dei nuovi padroni del mondo, una barbarie "dal volto umano".

Il convegno sul segretario del PCI

L'ATTUALITA' DEL PENSIERO DI BERLINGUER

Dopo un week end che ha visto Enrico Berlinguer protagonista a Legnano (presso le sale del Castello) di una mostra e di alcuni interessanti convegni, vi proponiamo una sintesi del discorso introduttivo del Presidente del Comitato cittadino "in ricordo di Berlinguer", Giuliano Celin, ex consigliere a Palazzo Malinverni.

Il Comitato in Ricordo di Berlinguer si costituito alcuni mesi orsono, con la partecipazione di compagni ed amici di diversa estrazione culturale e politica che in occasione del 40° anniversario della scomparsa di una delle figure politiche più significative del panorama politico italiano del dopoguerra, intendono ricordarne la figura attraverso iniziative divulgative e di confronto con la cittadinanza e soprattutto tra le giovani generazioni. Enrico Berlinguer è stato oltre che il segretario del PCI negli anni dal 1972 al 1984 anche quel leader politico che considerava la politica come una "missione" al servizio della collettività. Egli ha rappresentato la dimensione politica più alta che portò milioni di cittadini a partecipare alla vita politica del Paese, e soprattutto ad entusiasmare tantissimi giovani che si sono riconosciuti nei valori della difesa delle masse lavoratrici e dei ceti meno abbienti, nella difesa delle conquiste democratiche che negli anni 70' venivano costantemente minate dalla strategia della tensione di marca fascista e dalle trame delle Brigate rosse, nell'idea della pace tra i popoli e nella coesistenza pacifica, nelle lotta agli squilibri tra nord e sud del mondo che le trasformazioni capitalistiche globali stavano creando, in una più equa distribuzione delle ricchezze prodotte sul pianeta e nella salvaguardia dell'ambiente, nella difesa dell'emancipazione delle grandi masse femminili. Berlinguer aveva ben chiaro che ogni avanzamento nella società doveva vedere la partecipazione delle grandi masse lavoratrici attraverso l'unità di quelle forze , in particolare di ispirazione comunista, socialista e cattolica, che avevano conquistato la democrazia durante la lotta di liberazione dal nazifascismo e condiviso l'elaborazione della Costituzione Repubblicana. In un mondo diviso in quegli anni in blocchi , quello sovietico e quello americano, solo una grande unità delle maggiori forze politiche del nostro Paese, poteva creare le condizioni per un reale processo di rinnovamento e di progresso del Paese, nella democrazia e nelle libertà. Fu questo il senso della proposta di compromesso storico tra le forze politiche di ispirazione comunista, socialista, cattolica, che si fondò sulla tragica esperienza del colpo di stato fascista in Cile, dove venne assassinato il Presidente socialista Allende, senza mai dimenticare che in Europa c'erano regimi fascisti in Portogallo (Salazar) in Spagna (Franco) , in Grecia e con i colonnelli. Va quindi sottolineato che Berlinguer ebbe la capacità di sviluppare il pensiero tenendo conto dei fatti, degli errori, delle novità , delle intuizioni. E' questa sua impostazione ebbe un grande consenso popolare confermata dalla grande affermazione politica che vide circa 13 milioni di italiani votare PCI nelle elezioni politiche del 1976. Egli ebbe anche il merito di aver sollevato in tempi non sospetti la "questione morale" come idea della politica intesa non come strumento per fini personali ma come impegno civile, culturale ed etico per poter rendere concreti e condivisi i valori della giustizia sociale, della solidarietà, della partecipazione, della democrazia e della pace.